Dalla Francia arrivano notizie inaspettate, e che lascia tutti esterrefatti. La prossima vettura top di gamma marcata Citroen sarà “Made in China”. Essa dovrebbe essere disponibile a partire dalla fine di questo anno e sarà prodotta a Chengdu, nella Cina centrale. Ma non sarà un modello esclusivamente per il mercato cinese. Sarà realizzato anche per quello europeo. Le decine di migliaia di unità pianificate ogni anno non sono sufficienti per considerare la produzione in due stabilimenti su due continenti. Tuttavia, la stragrande maggioranza dei modelli realizzati resterebbe in Cina. In Europa arriverebbero solo 15 o 20 mila vetture all’anno.
Molto probabilmente, l’auto dovrebbe essere una sorta di nuova Citroen C5, che in Francia è stata fermata la produzione nel 2017. La stessa soluzione la sta seguendo la DS, il reparto sportivo di Citroen. In particolare, la DS9, ovvero l’ammiraglia, viene realizzata proprio in Cina e sarà disponibile quest’estate ad un prezzo che oscilla tra 47 e 80 mila euro.
Una Citroen made in China: sarà una mossa vincente?
Lo stesso obiettivo viene condiviso da Stellantis, nella speranza di ridurre i costi di produzione. L’amministratore delegato Carlos Tavares vuole arrivare a risparmi ancora più ingenti rispetto a quelli stimati all’inizio con la fusione tra PSA e FCA che ha portato alla nascita di Stellantis.
Le scelte che verranno prese, potrebbero avere una diretta conseguenza anche sui marchi affiliati, come Alfa Romeo, che ad esempio vedrà realizzare alcune vetture in Polonia. Proprio di recente, negli stabilimenti in Polonia, i dipendenti si sono visti alzare il proprio stipendio, come premio produttività.
In rete, riguardo a Citroen, già gira qualche immagine di qualche auto fotografata sulle strade cinesi. Infatti, potrebbe essere proprio quella che in Europa abbiamo chiamato C5 e che dovrebbe tornare sul mercato entro la fine di quest’anno. Vedremo come evolverà la situazione nei prossimi mesi, sperando che non ci saranno eccessive delocalizzazioni della produzione in Paesi esteri a scapito dei dipendenti che lavorano sulle catene di montaggio italiane.