Talbot Matra Murena

denny1977

Nuovo Alfista
10 Agosto 2009
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Novara
Una vettura che mi ha sempre affascinato quando ero bambino, un po' il fatto che grazie ai tre posti affiancati in teoria una famiglia con un figlio avrebbe potuto girare con una vettura sportiva, un po' per il fatto che aveva la carrozzaria in vetroresina, un po' anche per il fatto che era una vettura sportiva Talbot (che negli anni '80 era un marchio in declino, ma nella sua storia aveva soprattutto realizzato vetture di lusso e sportive).

Ecco alcune immagini da wikipedia
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Ecco la sua storia, presa anch'essa da wikipedia ( http://it.wikipedia.org/wiki/Matra_Murena )

La Murena era un'autovettura prodotta dal 1980 al 1984 dalla casa automobilistica francese Matra in collaborazione con la Peugeot.

Storia
La Murena fu studiata come evoluzione della Matra-Simca Bagheera; in realtà, al momento di lanciarla in produzione, la Simca fu rilevata assieme all'intero Gruppo Chrysler-Europe, dal Gruppo PSA. Il gruppo PSA, che voleva cancellare l'immagine dell'ex concorrente Simca, decise di continuarne la produzione sotto altro marchio. Per questo rispolverò un nome storico che possedeva da innumerevoli anni e che era stato conosciuto per vetture raffinate e di lusso: il marchio Talbot.
Di conseguenza la nuova sportiva concepita e realizzata da Matra con meccanica Simca, venne commercializzata come Talbot-Matra Murena. Pertanto, parlare di Matra-Simca Murena risulta improprio.

La Murena, che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Bagheera II, era nata con l'intento di migliorare la già ottima progenitrice. Le linee da sviluppare erano state le seguenti:
1. L'auto doveva tornare nuovamente ad avere un buon coefficiente di penetrazione aerodinamica: infatti se la prima serie della Bagheera poteva vantare un CX di 0,329, con la seconda serie il valore era salito a 0,37.
2. La vettura avrebbe dovuto montare meccaniche dalle prestazioni maggiori, vero tallone d'Achille della Bagheera, accoppiate a cambi a cinque rapporti (i quattro rapporti del cambio della Bagheera erano già considerati arcaici dalla stessa Casa all'atto della presentazione del modello).
3. Il telaio avrebbe dovuto essere protetto dalla ruggine, che già causava problemi alle M530 e a cui anche la Bagheera era risultata molto sensibile.
4. Con l'occasione il design sarebbe stato modernizzato.

Nello studio del nuovo modello s'inserirono poi le richieste del partner Peugeot, che erano focalizzate principalmente a ridurre i costi di produzione.
Il risultato fu che: la Murena nacque con un CX di 0,328, che ne fece l'auto a motore centrale più aerodinamica fino al 1992; per la prima volta al mondo fu applicato ad un'auto il procedimento di zincatura con immersione in bagno liquido a 360° (galvanizzazione per bagno); la linea risultò immediatamente molto equilibrata e moderna; finalmente si montavano cambi con cinque rapporti.

Se la Murena doveva vedere la luce in pratica come un'evoluzione della Matra-Simca Bagheera, di fatto nacque invece un modello nuovo. Con la progenitrice condivideva parte della meccanica e alcune soluzioni particolari, come i tre posti affiancati (qui con quello centrale più ampio e ripiegabile per formare un ampio ripiano) o l'utilizzo della vetroresina per i pannelli della carrozzeria, che rendeva la vettura inossidabile anche all'esterno nonché abbastanza leggera (1000 kg la 1.6 e 1050 la 2.2). Al pari, la coda dominata dall'ampio portellone in cristallo e l'architettura generale con motore centrale trasversale e trazione posteriore.
Soprattutto a causa delle limitazioni imposte dal gruppo PSA, ci furono però anche alcuni passi indietro. La Murena ad esempio pesava di più della sua progenitrice (Bagheera: da 895 kg a 1025 kg); era meno raffinata nel comparto sospensioni, avendo i bracci delle sospensioni in acciaio scatolato (alluminio per la Bagheera); montava una sola barra duomi al posteriore (contro le due - anteriore/posteriore - della Bagheera); le plastiche degli interni erano di qualità inferiore e gli assemblaggi più approssimativi; l'impianto di ventilazione fino al 1982 era praticamente inefficace; l'allestimento della versione 1.6 era meno curato (assenza di: tunnel centrale portaoggetti, poggiapiedi passeggero, vetri in tinta elettrici, tappo del serbatoio con chiave, illuminazione del bagagliaio, cerchi in lega).
Matra fino dall'inizio aveva concepito la Murena per alloggiare motorizzazioni più spinte di quelle di origine Simca montate dalla Bagheera; aveva cercato di accaparrarsi al fornitura del motore 2 litri che era montato sulla Citroen CX e che aveva il grande pregio di essere un'unità compatta. Ma intervenne Renault che pose un inderogabile veto, poiché essa già lo montava sulla sua coupé Fuego.
Quindi poco prima della commercializzazione, Matra fu costretta a rimediare proponendo un motore di 1592 cm3 derivato strettamente dal precedente 1442 cc che era montato sulla Bagheera e che era già apparso sulla Simca 1309. Questa unità, rispetto alla precedente, era ovviamente più dotata di coppia motrice, ma anche di indole meno brillante.

Non avendo comunque un veto da Peugeot (anche se neppure un grande sostegno), Matra decise anche di dotare la nuova creatura di un motore più spinto, prelevato sempre dalla "banca organi" Simca: un 2.2 derivato da un'unità progettata interamente da Simca nel 1970, che era stato montato originariamente sulla Chrysler 160 (1639 cc), 180 (1812 cc) e 2.0 (1981 cc, 110 CV). Nel 1980 questo motore fu montato sulla Talbot Tagora portandolo a 2156 cc tramite allungamento della corsa. L'adattamento al cofano motore della Murena fu difficoltoso, poiché il 2.2 Tagora risultava di dimensioni ben maggiori dell'originariamente previsto 2.0: Matra dovette intervenire sulla testata, sul carter della frizione, sulla coppa dell'olio, sulla pompa dell'acqua, sul carburatore per il motore trasversale; dovette modificare anche il telaio e progettare nuovi bracci delle sospensioni posteriori.
Infine, sempre cercando di elevare le prestazioni della vettura, Matra sviluppò un kit di potenziamento denominato "preparazione 142" (o Kit S) da adattare alla 2.2. Nel 1984, quando già il destino della vettura appariva segnato, vennero tolte dal mercato le versioni 1.6 e 2.2 e furono prodotti 480 esemplari di Murena 2.2 S, ovvero una versione ufficiale della Kit S basata sul modello venduto in Germania.

La Murena non incontrò un grande successo: in tre anni di produzione sorpassò i 10.000 esemplari prodotti (10.680) mentre l'obiettivo di vendite era stato stimato in 25.000 esemplari minimi.
Matra dal canto suo sapeva di non poter sopravvivere solo con la Murena ed aveva bisogno di sostituire il suo modello di maggior successo, la Rancho, che era stata venduta in 55.000 esemplari.

Quando fu presentata la Ranch II ai vertici Peugeot, questi non se la sentirono di lanciarsi nella nuova sfida in un segmento nuovo (la Ranch II era infatti quella che sarebbe stata conosciuta come il primo monovolume europeo, la Renault Espace). Matra provò a proporre il progetto a Citroen senza risultati ed ebbe contatti preliminari pure con BMW, ma alla fine si svincolò da Peugeot e si legò a Renault. Quest'ultima appoggiò il progetto, ma fissò due condizioni: la nuova vettura avrebbe dovuto essere marchiata Renault e Matra avrebbe dovuto cessare la produzione della Murena, che sul mercato francese infastidiva l'immagine della contemporanea Fuego. Per questo motivo nel 1984 cessò la produzione della Murena, per la quale tra l'altro era stata già preparata un'ulteriore evoluzione (4S, studiata già nel 1981) da 178 CV, dotata di testata ROC 16v, derivante dai motori 2.000 cc di Formula 2 del Reparto Corse Chrysler (ROC per l'appunto), e non era per nulla, come molti pensano, ispirata dal motore Lotus montato sulla Talbot-Sunbeam-Lotus.
Da un punto di vista sportivo, la Murena non ebbe successi internazionali a causa della mancata omologazione nel gruppo B (200 esemplari minimi prodotti), nonostante abbia corso in varie gare di Mondiale Rally in Gr. 4 nel corso del 1981. Da ricordare Montecarlo 1981 dove una Gr. 4 corse con Jean-Pierre Beltoise e la cantante Veronique Jannot, ritirandosi per guasto meccanico. Diversi esemplari preparati insieme a Politecnic e dotati anche di trazione integrale permanente, dominarono tuttavia i campionati europeo e francese di rallycross ben oltre la vita commerciale del modello (1986).

Caratteristiche estetiche
Esteticamente, la Matra Murena era più spigolosa ed aggressiva della Bagheera. Il frontale era più appuntito e penetrante, ed era reso aggressivo anche dai fari a scomparsa, che erano presenti anche sulla Bagheera, ma che sulla Murena spiccavano di più nell'impatto visivo generale. Una volta svelati, i fari anteriori erano grandi e rotondi, in contrasto con le linee tese del frontale: questo contribuì all'aggressività della vettura che acquisì uno "sguardo" più penetrante rispetto alla progenitrice.
La fiancata, pulita ed efficace, esprimeva al meglio il concetto di dinamismo e, rispetto alla Bagheera, cambiava specialmente nella zona posteriore, dove la coda non terminava più in maniera decisamente spiovente, ma si rialzava a forma una sorta di accenno di mezzo volume posteriore, in ossequio alle nuove tendenze. La zona posteriore, come nella Bagheera, era caratterizzata dal lunotto enorme che garantiva un'ottima visibilità; invece i fari posteriori erano decisamente grandi e di forma trapezoidale. La linea della Murena, a cuneo, elegante e slanciata, fu volutamente ispirata da una forma geometrica, e lo si nota in tutti i dettagli: l'esagono.

Meccanica
La Murena utilizzava due unità motrici che furono utilizzate anche su altre vetture Talbot.

La più piccola era un 4 cilindri in linea da 1592 cc di cilindrata. Era lo stesso motore utilizzato anche sulla commercialmente non fortunatissima Talbot Solara. Tale motore erogava 92 CV di potenza massima a 5600 giri/min, con una coppia massima di 136 N·m a 3200 giri/min. La distribuzione era a valvole in testa, ma ancora con albero a camme laterale ed aste e bilancieri. L'alimentazione era a carburatore doppio corpo. La velocità massima era di 182 km/h.

La seconda motorizzazione era anch'essa un 4 cilindri, ma della cilindrata di 2155 cc. Era uno dei motori utilizzati sulla Talbot Tagora, una sfortunata e semisconosciuta berlina di alto rango e dalla linea tesa, simile alla "cugina" Peugeot 604. Tale motore aveva invece la distribuzione ad asse a camme in testa, ed erogava 118 CV a 5800 giri/min, con coppia massima di 185 N·m a 3000 giri/min. La velocità massima dichiarata era di 200 km/h. Vista la cilindrata e la tipologia di vettura, i consumi risultavano particolarmente ridotti.

La terza motorizzazione di cui si è parlato non era una vera e propria terza motorizzazione, ma un kit offerto a richiesta per la versione 2.2 e consistente in un asse a camme leggermente più spinto ed in una batteria da due carburatori Solex da 40 in luogo del doppio corpo da 36, che portava la potenza massima dai 118 originali a 142 CV a 6000 giri/min, con coppia massima di 187 N·m a 3800 giri/min. Il volano era alleggerito, e, per problemi di surriscaldamento, veniva installato un radiatore in rame, al posto di quello in alluminio. La velocità massima dichiarata saliva così a 210 km/h. Solo durante l'ultimo anno di produzione (da gennaio 1984, per pochi mesi), la versione da 142 CV, denominata "Murena S", fu commercializzata direttamente dalla casa.

La Matra aveva già potenziato la stessa unità a 175.5 CV, con 16 valvole ed alimentazione ad iniezione diretta, in vista di una ennesima evoluzione da 230 km /h della Murena, denominata "4 S", che però rimase prodotta in due soli esemplari, tuttora esistenti; una giallo/nero (denominata "Martin" in nome dell'ingegnere che progettò tale propulsore) ed una blu/verde (in omaggio a Pescarolo, pilota Matra), motorizzati però alla fine con il 2.2 da 142 CV. Venne fatto il tentativo di montare longitudinalmente, su di un prototipo unico, anche il 12 cilindri a V 3000 c.c. Matra di Formula 1 da 510 CV.

La trazione, infine, era posteriore ed il cambio era a 5 marce su tutta la gamma Murena. Le sospensioni erano a ruote indipendenti, ma adottavano una soluzione divenuta ormai rara e consistente nelle barre di torsione anteriori con quadrilateri deformabili e barra stabilizzatrice, mentre il retrotreno seguiva lo schema MacPherson. L'impianto frenante era interamente a dischi, sia davanti sia dietro.
 
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