Zastava in bancarotta... the story

ADAN

AlfaTistissimoMe
21 Luglio 2006
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Vittorio Veneto (Treviso)
Auto
Alfa Romeo 147 2.000 Twin Spark Selespeed Super Body
Serbia,
bancarotta per la Zastava ultima icona dell’era di Tito


Giù il sipario sull’azienda che nel 1989 arrivò a contare 13.500 dipendenti.
L’ultima vettura uscita dalla catena di montaggio fu una Yugo 45


BELGRADO. Signore e signori, è finita. Sì, anche l’ultima icona della ex Jugoslavia - o forse “l’icona” della ex Jugoslavia - non esiste più. Il tribunale di Kragujevac ha infatti sancito la bancarotta della Zastava avtomobili AD. Quella della mitica Ficko e della Yugo 45.
Ora non esiste proprio più. A dire il vero la sua condanna a morte era stata sancita già nel 2008, quando la Fiat di Marchionne e il governo serbo crearono una joint venture per dare vita alla Fiat Avtomobili Srbija con l’imprenditore italiano al 67% delle quote e l’esecutivo di Belgrado con il 33% delle azioni. La nuova fabbrica fu inaugurata nel 2012 e dà lavoro attualmente circa a 2.500 dipendenti.
La nuova azienda era entrata in possesso dei macchinari e dei beni immobili della Zastava, alla quale erano rimasti così solamente la personalità giuridica e i debiti. Tanti. Secondo il giudice fallimentare di Kragujevac, Branislav Jovovic, citato dal portale serbo B-92, il valore attuale della Zastava si aggira sui 5,25 milioni di euro mentre il debito supera i 330 milioni di euro. La Zastava, o meglio quello che resta della Zastava, sarà ora messo in vendita e il ricavato verrà suddiviso tra i creditori.

Al momento della bancarotta la Zastava aveva tre dipendenti. Ma ci sono oltre trecento ex lavoratori della fabbrica jugoslava che chiedono il versamento degli stipendi arretrati maturati negli anni fra il 1997 e il 2001. Ricordiamo che negli stabilimenti Zastava di Kragujevac venivano costruite automobili su licenza della Fiat di Torino.
L’unico modello costruito autonomamente dalla Zastava è stata la mitica Yugo 45. Complessivamente la Zastava ha prodotto 4,3 milioni di automobili: la maggioranza per il mercato interno, ossia quello jugoslavo, ma circa 650mila automobili sono state esportate in 76 Paesi del mondo.
Nel 1989 (due anni prima che scoppiasse il confilitto che ha determinato la morte della Jugoslavia di Tito) la Zastava aveva 13.500 dipendenti e in quell’anno furono prodotte 220mila automobili. L’ultima vettura uscita dalla catena di montaggio della Zastava è datata novembre 2008: si tratta di una Yugo 45 su cui i dipendenti all’epoca incollarono alcuni adesivi: “The end”, “kraj”, ossia “la fine”, c’era scritto.
Già, fu la fine di un’epoca iniziata nel 1853, quando la Zastava nacque come industria produttrice di armi. Solo nel 1939 partì la produzione di automobili. Quelle automobili diventate, soprattutto per Trieste negli anni Settanta, il sinonimo di Jugoslavia. Piccole, esteticamente orribili, come la Zastava 101 che altro non era se non una Fiat 128 con una “coda” improponibile.

Ma che dire del mitico Ficko o Fico a seconda della pronuncia alla slovena o alla serbo-croata? Quella sì che era e resta un’icona del secondo millenio, proprio come la Trabant lo e stata e lo è a tutt’oggi per la defunta Germania Est. Resterà comunque indimenticabile l’epopea delle 600 Zastava. Colori improponibili, targhe che indicavano la provenienza dalle parti più sconosciute dell’allora Jugoslavia, tutte parcheggiate, più o meno regolarmente, nel Borgo teresiano di Trieste.
La meta? La Mecca? Ponterosso, dove si acquistava di tutto, dagli ambitissimi jeans alle scarpe di ginnastica americane. Ma quel che ha sempre sorpreso tutti è l’enorme e non dichiarata capienza della Seicento Zastava. Al suo interno i cittadini jugoslavi, reduci dallo shopping triestino, nascondevano di tutto e di più.
Il punto logistico dove tale vera e propria “cerimonia” aveva luogo era lo stradone che conduce a Basovizza, quello che oggi porta al Laboratorio di luce di sincrotrone. Qui, nei fine settimana, si trovavano affastellati mucchi di scatole, carte e sacchetti di cui gli abili trafugatori jugoslavi si liberavano per nascondere la merce in qualsiasi anfratto esistente in quelle piccole, ma dannatamente capienti macchinine.
Del resto la 600 Zastava è stata un po’ la fotocopia della Seicento e della Cinquecento Fiat negli anni del boom economico alla fine del dopoguerra. Una rivoluzione copernicana sia per un Paese, come l’Italia, inserita nel mondo occidentale, come per la Jugoslavia, seppure con 20 anni di ritardo, ben legata al blocco dell’Est, ma non dell’Unione sovietica dopo lo storico strappo con il Cominform di Tito divenuto poi leader dei cosiddetti Paesi “Non allineati”, dove è stato possibile firmare un accordo con un’azienda capitalista come la Fiat per produrre automobili a Kragujevac.
E come dimenticare il film datato 1987 “La retata” (Dragnet) del regista Tom Mankiewicz con protagonisti Tom Hanks e Dan Aykroyd, nel ruolo rispettivamente del detective Pep Streeback e del sergente Joe Friday? Due poliziotti che sfasciano tutte le automobili assegnate loro dal dipartimento, finché, alla fine del film, l’ultima macchina loro assegnata è una Yugo 45.
Nel film Dan Aykroyd afferma: «Ma che cosa è questo schifo?». «Tranquillo - gli risponde Tom Hanks - è una Yugo 45, il massimo della teconolgia automobilistica serbo-croata». Una battuta che nei cinema di Trieste scatenava una vera e propria ovazione degli astanti.
In effetti la vita è costellata di apparenze, di oggetti, soprattutto nel mondo moderno delle automobili. Che determinano lo status sociale, e, nel nostro caso, non solo la nazionalità, ma addirittura l’appartenenza a un mondo “diverso”, dove la proprietà privata era un tabù, ma dove l’Occidente era maledettamente vicino per non indurre in tentazione. Una questione di confine, di gente che va e che viene. Ma ora la Zastava è morta. Evviva la Zastava. Scusate la nostalgia.


:OK) http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cro ... 1.14317250 :OK)
 
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